La musica non mi ha salvato…

Sento dire spesso:

“La musica è la mia vita!”, “Se non avessi avuto la musica, sarei finito!”, “La musica è tutto per me”

Eppure quando si è trattato di me, la musica non mi ha salvato.

Lascia che ti racconti…

Avevo 25 anni…ero appena tornato da un’esperienza di circa due anni a Milano, tempo che avevo investito nel cercare di concretizzare il mio sogno: trovare un produttore che credesse in me e pubblicare un Album.

All’epoca non sapevo bene come funzionasse l’industria discografica, né i passi giusti da compiere per arrivare a ciò. Ora che ci penso non ero cosciente di molte cose…!

Ma avevo un desiderio autentico: quello di comunicare attraverso la mia musica (e lo è tuttora).

Ci credevo DAVVERO!

A tal punto da lasciare famiglia, casa, lavoro sicuro, amici e ragazza…

E cosí ho fatto.

Una mattina mi sono alzato, sono andato giù in cucina da mia madre che stava facendo colazione (abitavo ancora con i mie in quegli anni) . Mi sono seduto accanto a lei, ho preso il coraggio a quattro mani e le ho detto che mi sarei trasferito a Milano perchè ci “credevo”.

Lei mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “Fallo!”

Ricordo ancora la sensazione che avevo nel guardare quella tazza di thè bollente…Non mi fermava più nulla a quel punto. Dipendeva tutto da me.

Ringrazio ancora mia madre e mio padre perchè in ogni mio progetto, pazzo o audace che sia, mi hanno sempre spalleggiato, aiutandomi fino all’estremo delle loro forze.

Cosí, all’età di 22 anni, ho imbracciato la chitarra e tutti i miei pezzi che avevo scritto fino a quel momento, e insieme al mio storico amico Omar siamo partiti alla volta di Milano.

Non descriverò qui la mia esperienza in questa splendida città…(questa è un’altra storia)…ma voglio spiegarti perchè “la musica non mi ha salvato “.

Vedi, fino a quel momento avevo dato TUTTO alla musica.

Avevo lasciato famiglia, amici, fidanzata.

Mi sarei aspettato che nel momento del “bisogno”, nei momenti tristi, in quelle notti in cui non prendi sonno, perchè senti che la tua vita non sta andando nella direzione che desideri, e ti senti frustrato e del tutto perso…mi avrebbe salvato in qualche modo.

Non so, magari donandomi quelle emozioni che non sentivo, o quelle “presenze” che mi mancavano…

Attraverso qualche canzone suonata la sera, prima di andare a dormire, o qualche ispirazione di un nuovo pezzo da poter registrare.

Non so bene anche io come, ma avrebbe dovuto salvarmi.

E invece non l’ha fatto!

Infatti quando a 25 anni la mia esperienza a Milano era giunta al termine e avevo rifatto le valigie per tornare a casa, era iniziato quello che poi sarebbe stato uno dei periodi più duri della mia vita, fino a quel momento.

La mia ragazza dopo più di sei anni, mi aveva lasciato. Ero tornato “in patria” sconfitto, con in tasca il “fallimento” di Milano…le mie canzoni non erano bastate a garantirmi un contratto discografico. E gli amici che avevo lasciato, compresi i vari gruppi e progetti musicali che avevo prima di partire, non erano più lí ad aspettarmi.

E la musica? Dove era?

Gli avevo dato tutto ciò che avevo. Ma non mi bastava più!

Se suonavo non smettevo di piangere!

Se ascoltavo musica non mi sentivo più felice!

Se componevo un nuovo pezzo, non mi sentivo “pieno”.

Ma il problema non era la musica, ero io.

Stavo chiedendo alla musica qualcosa che non avrebbe mai potuto darmi.

Forse è stata proprio questa la grande fortuna: l’aver constatato che la musica non poteva salvarmi. Non poteva sostituire le persone. Non poteva sostituire le carezze e gli abbracci. E soprattutto non poteva sostituire il lavoro che avrei dovuto fare su me stesso per rendermi la persona che sarei dovuto diventare…

Devo molto alla musica, mi ha arricchito e plasmato in un modo che non potevo credere possibile per me.

Ma non mi ha salvato!

E la fortuna è proprio questa…

Quindi ad oggi, quando ripenso a ciò che si può chiederle, in cambio del proprio cuore, mi viene da dire: Arricchisciti di musica, e non chiederle la “vita”!

Buona musica…

Photo: Letizia Castellani

Mi chiamano Salvo…

Sono un cantautore…scrivo e compongo pezzi da quando avevo 15 anni…e NON voglio arrivare a vivere solo di questo.

Ho sempre pensato che per spiegare chi sono, sarebbe bastato dire da dove sono partito e dove voglio arrivare…

Ma durante il percorso della mia vita mi sono reso conto che non basta questo per far comprendere chi sei veramente.

In fondo come si può spiegare in “due parole” tutte le battaglie, le scelte, le lacrime, le gioie e i dolori che una persona ha vissuto e sta vivendo tuttora?!

Per farlo, mi sono sempre appoggiato alla musica…

Infatti nasce cosí il mio scrivere canzoni; dal bisogno di espressione.

Da quel bisogno di raccontare e raccontarsi attraverso musica e parole.

Fin dai primi accordi con la chitarra, ho capito che non era solo un passatempo o una semplice “passione”. La musica era molto di più…

Tanto che mi ha portato a tirar fuori i primi versi, proprio perchè riconoscevo, in quelle rime incastrate con note musicali, una potenza di impatto su chi ascoltava, decisamente più grande rispetto al parlare in modo “comune”.

Una di quelle cose che le persone prima “sentono”, poi “ascoltano”, poi si “connettono” con ciò che hai detto e infine la fanno “propria”.

Sembra banale, ma questo lo facciamo anche con i nomi delle persone.

Mi ha sempre incuriosito e da un lato anche affascinato, osservare il modo che abbiamo di recepire o “non recepire” i nomi di quando ci presentiamo a qualcuno.

Seguimi…

Quando ci presentiamo, puntualmente siamo concentrati a dire il nostro nome, e non prestiamo ascolto a chi ci sta davanti, che sta facendo essenzialmente la stessa cosa. Quindi, scansando ogni paura di fare una mera figura di m**** ci troviamo spesso a dover chiedere nuovamente il nome di quella persona (per i più impavidi) o con più probabilità, lasciamo in piedi la domanda all’interno della nostra testa, che ci accompagnerà per il resto della vita, riducendola semplicemente a: “Come si chiamava quello?”. Ed ecco che abbiamo ribattezzato il povero o la povera mal capitata, con il nome di “Quello” o “Quella”.

Ma quando vogliamo “imparare” e ricordarci il nome di qualcuno, dobbiamo fare alcuni semplici passi in più, ma che fanno una totale differenza…

Dobbiamo innanzitutto “sentire” la voce di chi si presenta.                                    Subito dopo “ascoltare” il nome di quella persona (lo specifico, perchè ad oggi non è scontato, visto che il problema principale a mio parere, è che non ascoltiamo più…siamo troppo sintonizzati su noi stessi e concentrati nel nostro mondo che diventa sempre più stretto), quindi poi dobbiamo “connetterci” con ciò che ha detto e riuscire a comprendere il nome di quella persona per poi, infine, farla “nostra” e chiamarla con il diminutivo che quel nome ci ispira…

Tutto questo non lo facciamo sempre, ma quando lo facciamo, se ci pensi, dobbiamo necessariamente compiere questi passi…Forse alcuni ci mettono più di altri a fare certi passaggi…Ad esempio non tutti riescono da subito a dare un diminutivo ad un’altra persona. Ma è solo questione di tempo, alla fine arriviamo tutti a fare questi passi nei confronti delle persone con cui ci relazioniamo.

Ed ecco che un Lorenzo diventa “Lori”, una Maria diventa “Mari”, un Antonio “Totò” e una Marlena…be credo rimanga “Marlena”! (Al massimo Marli!)

E a me? Come mi chiamano?

Di solito mi presento dicendo il mio nome: “Salvatore”, non faccio caso a come lo dico, ma aspetto sempre che l’altro si presenti con il suo…cosí ho modo di ricordarlo già da subito.

E poi avviene la magia…

Succede una di quelle cose che adoro e che adotto io stesso fin da subito.

Mi abbreviano il nome…

e succede sempre!

Cosí sono diventato: Tore, Turiddu, Totò, Tutunnico, Sasà, Salvatò, Salva…

E succede perchè hanno fatto “proprio” il mio nome, e vogliono abbreviarlo per “accorciare le distanze”…ed è una cosa bellissima.

Cosí mi presento nuovamente e le accorcio io per te: Mi chiamo Salvatore, ma tutti mi chiamano “Salvo”.

Photo: Letizia Castellani

Chi è Salvo Lazzaro

Cosa dire in poche righe?

Sono un cantautore, nato a Catanzaro ma vivo a Perugia da ormai tantissimo.

Suono da quando avevo 15 anni e sono un ignorantone di musica!!

 

Non conosco la teoria musicale, non ho mai studiato musica sui libri…mentre suono “non so quello che sto facendo” (a livello teorico)…

Mi piace definirla: “musica inconsapevole”…

 

Non so leggere le note su un pentagramma, ma suono circa 7 strumenti (chitarra, basso, batteria, tastiere, armonica, flauto e percussioni varie…) e mi cibo di musica fino a corroborare l’anima.

 

Nulla di trascendentale!

Non sto parlando di viaggi interiori, strade emozionali e sfere emotive che vengono tastati dalle corde di una chitarra o le vibrazioni di una bella canzone…(non solo)

 

Sto parlando di suonare prima di andare a lavoro perchè si vuole risentire come “suona” quell’arpeggio sulla chitarra, inventato la sera prima…

 

Parlo di rimanere in studio di registrazione fino alle 4.00 del mattino, per poter finire di registrare la parte della voce su un ritornello.

 

Parlo delle frasi appuntate sulle note del telefono, mentre ci si sta allenando in palestra e si corre sul tapisroulant.

 

Di quel bisogno di accompagnare serate tristi, con note di una canzone che ti da letteralmente il “carico da 90”, non perchè ti vuoi male (o forse un po’ si), ma perchè in fondo la musica non ferisce, ti aiuta solo a “veicolare” le emozioni e i pensieri, mettendo tutto al loro posto, facendo stare le cose DOVE devono stare. Un ricordo nel cuore, una lacrima su una guancia, un’incazzatura in una fronte e un sorriso sulle rughe di una guancia.

 

In questi anni ho avuto difficoltà durante il percorso…è normale.

Ci sono stati momenti buii…

Periodi difficili, in cui ti viene la voglia di mollare e di acquetare quell’urgenza di “comunicare”, che solo chi è nato armato con penna e taccuino può comprendere…

 

In tutto questo però non mi sono mai fermato!

 

Ho ripreso la mia chitarra, inventato nuovi arpeggi su cui piangere o sorridere,

sono iniziate le prime richieste di far ascoltare un proprio pezzo, i primi amori descritti in quei versi, le prime note che raccontavano storie che vivevo sulla mia pelle e poi, boom! Altre ricadute!

 

Ma ho tirato dritto!

Quando uno strumento non mi bastava, ne imparavo un altro…

 

Quando un amico/musicista/compagno di band, in un mio pezzo, non riusciva a fare una determinata cosa con il suo strumento, ecco che la imparavo io e me la facevo da solo.

 

È nato in questo modo il mio essere un compositore…

 

Partendo da quel bisogno estremo di esprimere ciò che avevo pensato, esattamente come l’avevo pensato…

 

Ad oggi ho composto e arrangiato brani per diverse persone, creato colonne sonore per musical, documentari e cortometraggi…

 

Ho partecipato a concorsi nazionali come “Sanremo New Talent Summer 2017” e aver vinto il premio della critica. Essere finito per due volte sulla rivista nazionale di gossip “DiTutto”

 

Sono andato diverse volte in radio e suonato in unplugged alcuni miei brani…

 

È successo che alcuni abbiano detto che non dovrei riuscire a fare le cose che faccio…

In fondo non leggo la musica, non posso definirmi un musicista…

 

Ma ciò che faccio da anni è suonare, suonare SUONARE e cibarmi solo di questo!

 

Scrivo, compongo, disfo, distruggo. Ricostruisco, piango, sorrido, mangio e mi emoziono…

 

Tutto ciò credo che non si possa definire studio, è solo VITA.

E se la musica mi porta a “vivere”, penso le si possa attribuire il raggiungimento del suo massimo scopo.

 

“Vita”…è una parola che ha assunto un significato ben diverso per me, ad oggi.

Non ricopro più questa figura, ma per anni sono stato un educatore scolastico ai ragazzi disabili…

E questo lavoro mi ha completamente plasmato.

Uno di quei lavori che ti prende quella parte emotiva, anche se tu non sei pronto a donare…

Alle volte questa cosa è davvero disarmante:

Qualcuno o qualcosa che si prende quell’emozione da te, anche se tu non eri disposto a dargliela…

 

La canzone “Solo Rumore” che ho composto, arrangiato e registrato personalmente, l’ho scritta raccontando la vita di un ragazzo che seguivo da anni a lavoro. Un ragazzo affetto dal disturbo dello spettro autistico, non verbale (quindi non comunica parlando). Un giorno sua madre mi ha raccontato la sua storia…e mi ha colpito cosí tanto che ho dovuto scriverci un pezzo…

 

È stato strano sentire di raccontare con le note, un qualcosa che spesso viene vissuto come un “problema” (in certi casi lo è veramente)…ma sono onorato di avere la possibilità di far arrivare un qualcosa di cosí importante, come il tema sull’AUTISMO, alle orecchie di chi magari non ne è a conoscenza…o anche di chi vive in famiglia una situazione del genere, soffre ma si sente confortato nell’apprendere che quella determinata situazione, viene “raccontata”…

 

Infatti l’emozione più grande, legata a questo pezzo, è che ovunque io la suoni, in qualsiasi contesto live, appena finita, vengono da me persone ad abbracciarmi e ringraziarmi per aver raccontato un qualcosa che stanno vivendo all’interno del loro nucleo familiare e che spesso non si riesce neppure a descrivere.

 

Il venire ascoltati, emozionare ed essere compresi profondamente da chi ci guarda o ci ascolta, credo sia la missione più bella per un artista…

 

Sia che possano ascoltare distrattamente in una Playlist su Spotify, o in filo-difussione mentre si attende un check-in in aereoporto 😛

 

Ma in fondo, rimango un “ignorantone”…non dovrei neanche imbracciare una chitarra…

 

Firmato

Un ignorante.